lunedì 27 settembre 2010

Il Mago di Adz


Premesso che l'elettronica io la digerisco più o meno allo stesso modo di un piatto di cozze ripiene, l'impatto col nuovo album di Sufjan è stato tipo un pugno sullo stomaco a maggior ragione dopo l'EP dello scorso mese. La digestione è lenta, perchè il piatto è talmente ricco che straborda di grassi e carboidrati. La professoressa Boschero (a proposito stasera ore 21:00 su Radio2 la 'nostra' intervista ad Antony, più uno speciale su 'Swanlights') descrive 'The Age of Adz' come ".. un'apocalisse elettronica per orchestra e nintendo.." direi in modo molto calzante. Più modestamente il vostro si limiterebbe ad un: "suona come gli Animal Collective arrangiati da Van Dyke Parks", che secondo me è altrettatnto calzante. Assolutamente da provare (vedasi il link qui a destra) perchè si candida (una volta digerito) ad essere l'album dell'anno! Bluuuuuuuuurp (scusate in genere non sono così maleducato!)

lunedì 20 settembre 2010

M'hanno cassato la compi, sigh

Ora non si limitano a mettere offline i link, ma cancellano anche il post di provenienza, sigh. Provo a rimettere Almost Blue In September (senza tracklist) nei commenti a questo post!

mercoledì 15 settembre 2010

Le luci del cigno (ultima parte)

Flètta (8): Una sorpresa questa, almeno per me, visto che non mi posso esattamente annoverare tra i fan di Bjork. Non che mi aspettassi disastri, ma di certo nemmeno questa piccola gemma astrattista. Antony racconta che il pezzo è nato in Giamaica durante le registrazioni di Volta quando sedutosi al piano e strimpellando una melodia la stessa Bjork ha cominciato ad improvvisare vocalmente in una lingua che oscillava fra l’islandese e il completamente inventato solo per il gusto onomatopeico del suono dei fonemi. Di fatto la canzone è questa, dato che poi lui ha solo aggiunto la sua parte vocale, limitandola ai controcanti. E l’insieme ha in se qualcosa di magicamente arcano. Mi fa pensare al cabaret e a Weil/Brecht, magari però trasposti nel mondo degli elfi.

Salt Silver Oxygen (8,5): Il grado di civiltà di una società non si misura attraverso le sue punte di progresso più avanzate, bensì nel modo in cui vengono trattati gli ultimi, i diversi. Una società che li emargina e li mortifica non può dirsi civile. No, non è il Vangelo, ma Antony ascoltato da queste mie stesse orecchie. Lui è anche convinto che il mondo sarebbe migliore se a governarlo fosse il femminino, inteso come sensibilità, visione e istinto procreativo. Elect the salt mother. E’ più che un invito elettorale è Cristo che si fa femmina, perché come maschio ha miseramente fallito. Ed è anche una cavalcata sinfonica di un Nico Muhly ispiratissimo.

Christina’s Farm (9): E alla fine la circolarità delle melodie trova il suo concretizzarsi concettuale. Partiti con ‘Everything Is New’ ci ritroviamo alla fine del viaggio. “.. everything was new, tenderly renewed ..”, ma in realtà non ci siamo mossi neppure di un millimetro è il nostro spirito il vero viaggiatore, per mezzo degli stati d’animo che si sono susseguiti attraverso la consapevolezza di cosa si è, come si è, perché si è e dove si è. E poco importa che magari si è nella fattoria di Christina Chalmers (la mamma di Sierra e Bianca Casady) in Camargue, nel sud della Francia. Il luogo conta solo in quanto fattore d’ispirazione per vedersi con occhi diversi, occhi nuovi. E d’incanto tutto quello che ci circonda diventa diverso. Diventa nuovo. Sette minuti e venti di pura grazia.

E’ di nuovo notte. Devo assolutamente mettere questo disco di nuovo dall’inizio. Ci saranno sicuramente passaggi, sensazioni e sfumature che mi sono sfuggite. Perché ‘Swanlights’ è un disco più consistente, eppure allo stesso tempo anche più intangibile, di quelli che l’hanno preceduto. Non so ancora se migliore o peggiore, questo sarà solo il tempo a dirmelo. Anzi lo dirà al mio spirito, che sotto forma di fantasma violetto, si libererà danzando alla luce riflessa dalle increspature dell’acqua.

martedì 14 settembre 2010

Le luci del cigno (seconda parte)

Violetta (s.v.): 35 secondi di interludio neoclassico a richiamare almeno nel titolo La Traviata, un’introduzione che non esiterei a definire superflua, anche perchè..

Swanlights (9,5): Eccolo il pezzo che aspettavo da anni. Qualcosa che portasse la sua vocalità su una dimensione oscura, magmatica, malsana, molto Scott Walker nella sua ultima trilogia. Già fin da subito fa capolino l’inquietudine col primo verso mandato al contrario, anche se non esattamente un messaggio satanico (tranquilli, dice solo un innocuo: “he’s everything”) e poi il pianoforte che si distende su un tappeto di droni elettrici, basso e chitarra che non accompagnano la melodia, ma creano un’atmosfera misteriosa a tratti claustrofobica sulla quale la voce di Antony, su più tracce audio, si dispiega in un recitativo cantilenante. Socchiudendo gli occhi quasi riesci a vederlo l’effetto della luce riflessa nell’acqua increspata che evoca il tuo spirito e lo lascia danzare ammantato solo della sua ritrovata libertà. Un oscuro canto sciamanico che accompagna ombre danzanti nella notte. Pietra miliare.

The Spirit Was Gone (8): Probabilmente l’unico pezzo dell’album, davvero scritto in una canonica forma canzone, cioè con una melodia che si dipana in strofe ed incisi crescenti. Ricorda molto da vicino, almeno musicalmente, le cose di ‘I Am A Bird Now’ con quella sua circolarità minimal-cameristica raddolcita dall’intervento, che si fa via via sempre più corposo, della sezione archi dei Johnsons. Siamo dalle parti di ‘Man Is The Baby’ e ‘What Can I Do’ insomma, eppure il testo ci riporta ad una nuova riflessione sulla dicotomia corpo/spirito presente in tutto questo nuovo disco. Delicato, seppur tendente al drammatico, affresco per stemperare la visionarietà inquietante della title track che l’ha preceduto e riportarci su ambientazioni più confortevoli e consone da parte del Nostro.

Thank You For Your Love (7,5): Come già capitato in passato, probabilmente è destino che il primo singolo si riveli la canzone forse meno riuscita del disco, ma ad ogni modo anche questa volta io la penso così. Non che il pezzo sia brutto in se e addirittura risulta in un certo qual modo anche funzionale allo sviluppo dell’album dal momento che aggiunge quel pizzico di leggerezza necessaria dopo la drammaticità delle due canzoni precedenti. Antony racconta di averlo scritto nell’ormai lontano 1992 appena giunto a New York, dedicandolo ad una persona specifica che gli stette vicino in quegli anni turbolenti, accompagnando la sua crescita umana ed artistica. Da qui la scelta di inserire nel video ufficiale foto e spezzoni di vecchie pellicole su Super 8 che lo ritraggono proprio in quel periodo e forse occorre proprio guardarselo il video mentre si ascolta la canzone per poterla apprezzare appieno.

[CONTINUA]

Le luci del cigno (prima parte)

Antony & The Johnsons - Swanlights


E’ notte. C’è una strana luce che si riflette nell’acqua, accarezzandone le increspature. Tutto sembra acquietarsi. Lo spirito si fa forza e fuoriesce dal corpo. E’ un fantasma di colore viola e trova la sua giusta dimensione nel conforto di queste luci magiche. Swanlights. Naturale prosecuzione di ‘The Crying Light’, al quale segue sorprendentemente, per i tempi del Nostro, dopo appena un anno e mezzo. Cambia solo la prospettiva nello sguardo dell’artista che è rivolto non più verso il mondo esterno, bensì indugia nei meandri della propria interiorità. E’ un disco molto spirituale, pur sempre laicamente parlando, è meditativo, pur non meditabondo. E’ l’affresco di un’anima d’artista e comincia con..

Everything Is New (8): Finalmente immortalato nella discografia ufficiale uno dei pezzi più suggestivi negli show degli ultimi 5 anni. Antony lo accorcia e sceglie la versione con la band anziché quella orchestrale e in definitiva fa bene perché non si tratta di una canzone. Non c’è strofa, ne inciso, ne tantomeno il testo. E’ una sorta di mantra, non propiziatore e nemmeno celebrativo bensì una semplice presa d’atto. Parlando di questo pezzo Antony dice infatti che non vuole affatto esprimere tanto il nuovo o il rinnovamento in se, bensì una sorta di mutamento dello stato interiore che cambia la prospettiva di ciò che si osserva. Un po come vedere l’esistente con occhi differenti. Tutto è nuovo, niente è nuovo. Un piccolo classico.

The Great White Ocean (8,5): Comincia nel fade-out della precedente e fin da subito salta all’orecchio che si tratta di una versione riveduta e corretta rispetto a quella ‘regalata’ due anni fa alle collezioni di Prada. Non rivoluzionata, ma in un certo qual modo asciugata e linearizzata. Gli sperimentalismi elettroacustici sullo sfondo vengono attenuati per far risaltare voce e chitarra acustica. E’ una litania dolce e terribile al tempo stesso. Un’invocazione ai nostri cari, mai dimenticati, ad accoglierci nel grande oceano bianco dove nuotano le anime alla fine dell’esistenza terrena. E’ anche una preghiera per il ricongiungimento e un’esortazione a non dimenticarci mai, invece di dirgli noi: “Non ti dimenticheremo mai”. Questa canzone a me commuove fin quasi alle lacrime. E non voglio aggiungere una riga di più.

Ghost (9,5): Ecco che arrivano Nico Muhly ed orchestra sinfonica (che poi però torneranno anche più avanti) e siamo già ad uno dei vertici assoluti di questo disco, ma non solo di questo disco. Antony l’ha definita una canzone carica di gioia e di ottimismo. E’ un po l’espressione di quello stato che lui definisce le luci del cigno. Lo spirito viola che fuoriesce dal corpo sotto forma di fantasma e cambia pelle come un serpente. Si libra nell’aria curioso ed irrequieto per osservare e capire il mondo, quello tangibile e quello intangibile. La costruzione musicale poi la trovo sublime, con il pianoforte inquieto che introduce e inframmezza le soavi aperture sinfoniche degli archi. Un pezzone davvero.

I’m In Love (7,5): Dopo tanta spiritualità ecco arrivare un pizzico di leggerezza introdotta da un giro melodico che ricorda un po il ‘fra martino campanaro’ se ci fate caso. E’ un Antony anche per la prima volta un pizzico psichedelico, tra flauti traversi, organo e percussioni improvvisate mentre celebra l’Amore, e anche questa a dire il vero è una novità per lui. Canzone gradevole che a me fa venire in mente i Fleet Foxes, un piacevole intermezzo prima di giungere ad un altro dei vertici assoluti del suo intero repertorio finora.

[CONTINUA]


lunedì 13 settembre 2010

Le luci del cigno (prefazione)

Vi giuro che ho una faccia da ebete, ma qui veramente sembro più ebete del solito (chissà come mai!!!)

giovedì 9 settembre 2010

Tornerò..

..alle luci del cigno!!!