Il mese di Marzo (e probabilmente anche quello di Aprile) meriterà almeno due playlist musicali viste le uscite discografiche di qualità che si stanno succedendo e visto anche il fatto che non conterranno mai più di 6 o 7 pezzi cadauna. Ma andiamo con ordine!
Birdantony's playlist III (Marzo 2008 - Parte I) - Durata 24'35"
1 - All Misery/Flowers - The Gutter Twins (da 'Saturnalia'): All'apparenza l'operazione 'gemelli dei bassifondi' potrebbe sembrare unicamente un restyling formale dei The Twilight Singers di Greg Dulli inserendo Mark Lanegan a pieno titolo nella frontline della band e non solo come ospite, a dire il vero piuttosto 'fisso' dei loro dischi. Ma questo 'Saturnalia' è un progetto davvero nuovo e diverso, in cui è la scrittura e non solo l'esecuzione ad essere equamente divisa fra i due monumenti del grunge anni '90. Il disco infatti risulta decisamente ed inevitabilmente grunge per impatto musicale e stilistico, un disco nel quale alle sonorità classic hard-rock di Dulli si mescola l'oscurità visionaria del songwriting di Lanegan: melodie nere e lancinanti che puzzano di sangue, di sporco, di sesso, di eroina. Well, it's rock'n roll baby! Un album di 'fottuto' rock come non mi capitava di ascoltare da tempo (che anche l'ultimo self titled dei Pearl Jam mi aveva lasciato con un pò di amaro in bocca). 'All Misery/Flowers' è una sorta di medley fra due canzoni diverse che si sviluppano su di una portentosa ed ipnotica batteria in 4/4, dove la voce straziata (da alcool e anfetamine) di Lanegan si interseca ai riff chitarristici Dulliani in un ensemble che dire da brividi è dire poco. Roccati e sciroccati.
2 - Plafone - Elio e le Storie Tese ft. Antonella Ruggiero (da 'Studentessi'): Geniali, dissacranti, demenziali. Sicuramente e al di là dei gusti soggettivi gli Elii, tornati alla ribalta col Dopofestival, sono tutto questo ma non solo. Fondamentalmente loro sono dei musicisti di prima qualità ed il fatto che mettano a disposizione delle loro composizioni infarcite di citazioni più o meno dotte, gli abituali testi surreali potrebbe essere considerato un mero dettaglio. In questo senso 'Studentessi' sembra il naturale seguito del loro 'Cicciput', un album in cui, abbandonati quasi definitivamente i turpiloqui adolescenziali degli esordi, trovano spazio duetti canori dissacranti (Giorgia, Claudio Baglioni, Irene Grandi ma non solo) a declamare versi di assoluta surrealtà visionaria e composizioni pervase ad assoluta follia (ad esempio una mini operetta in 5 atti e tracce sui famigerati messaggi satanici al contrario dei vecchi dischi metal). 'Plafone', ad esempio, è la storia di una lite condominiale per problemi idraulici musicata in stile progressive anni '70, tanto che l'intro iniziale pare molto più di un mero omaggio alla PFM. La Ruggiero è sotto la doccia (otturata) a svolazzare su tonalità inaccessibili ed il baritono Elio al piano sottostante alle prese con un principio di allagamento. Realisticamente irreali.
3 - Back To Black - Lightspeed Champion (da 'Falling Off The Lavender Bridge' DeLuxe Edition): Dischettino molto promettente quello che sancisce l'esordio solista di Dev Hynes scoperto, per quanto mi riguarda, grazie a onanrecords e fard-rock. Un pop molto british come scrittura (con numerosi ed espliciti rimandi a Badly Drawn Boy e The Smiths su tutti), ma di fattura produttiva rigorosamente 'Saddle Creek' (Bright Eyes, M Ward) che ne fanno un interessante esperimento di folksinging decisamente cosmopolita, non tradendo mai però quel concetto tipico di melodia pop-rock made in uk. La traccia che ho inserito in questa playlist si trova nel bonus cd dell'edizione speciale ed è nientepopodimeno che la cover della title track del pluripremiato album di Amy Winehouse tanto per dimostrare che quando uno ha talento può cantare di tutto e che quando una canzone è interessante tale rimane anche spogliata ai minimi termini: in questo caso voce e chitarra acustica. Musicalmente poliglotta.
4 - Yesterday Tomorrows - Tindersticks (da 'The Hungry Saw'): Della serie: "A volte ritornano, anche quando sembrava che non dovessero mai più farlo". Eh si perchè i Tindersticks erano ormai sciolti da tempo e Stuart Staples ben avviato, con due albums e mezzo, ad una soddisfacente carriera solista. Eppure a cinque anni di distanza ecco tornare i menestrelli del chamber pop in tutto il loro abituale splendore, ovvero in tutta la loro abituale, malinconica ed avvolgente bruma orchestrale. Personalmente ritengo Staples una sorta di Bacharach del nuovo millennio per il modo in cui la sua scrittura riesce ad essere dolcemente evocativa e al tempo stesso lucidamente tagliente. In questa 'I domani di ieri' si racchiude in un certo senso tutta la musica dei tindersticks: la melodia delicata come la nebbia che avvolge Nottingham, la sottile inquietudine da atmosfera un pò noir, l'introspezione lirica e le orchestrazioni sontuose con tanto di flauto traverso sempre protagonista. In una parola: sciropposi.
5 - Undone - deVotchKa (da 'A Mad & Faithful Telling'): Altro ritorno, questa volta dopo 4 anni dall'acclamato 'How It Ends' per la band probabilmente più singolare dell'intero panorama musicale planetario. Loro vengono dal Colorado, ma non aspettatevi dalla loro musica nulla di certo e soprattutto di localizzato. Le influenze nel loro caso sono molteplici e variegate: dalle marcette slave alle chitarre gitane, dal sirtaki greco alla rumba messicana, dalle fanfare balcaniche al country del Tennessee. La loro abilità, che ne sancisce poi la forza musicale, sta proprio nella capacità di riassemblare il tutto in modo sorprendentemente coerente con un'impostazione musicale tipicamente indie rock. Questo però è il loro primo album per un'etichetta importante (la Anti Records) seppur non una major e se anche si sono lasciati necessariamente alle spalle qualche affascinante suggestione lo-fi il risultato risulta comunque eccellente poichè ne hanno guadagnato in un'ancor più articolata ricchezza musicale. 'Undone' è un pezzo complesso dalle iniziali atmosfere tex-mex (chitarra acustica e mandolino) che si evolvono pian piano per giungere a territori sonori klezmer, ma quando pensi di aver ascoltato tutto ecco che il mood muta nuovamente (fisarmonica dall'incedere tanghista) sempre assecondando però la linea melodica (e il cantato malinconico di Nick Urata) che spogliati da ogni divagazione sonora ne farebbero comunque un piccolo gioiellino folk-indie. Globalizzati.
6 - When Water comes To Life - Cloud Cult (da 'Feel Good Ghosts'): Concludo questa playlist con i Cloud Cult e quindi con un'ulteriore orgia sonora seppur di tipo decisdamente diverso rispetto al burlesque dei deVotchKa. I Cloud Cult sono una band di Minneapolis, giunti ormai al sesto album, noti probabilmente ai più per il loro impegno ecologista (anche questo loro nuovo lavoro, sempre per la Earthology Records, è fatto interamente di materiale riciclato sfruttando l’energia geotermica) che per la loro musica pure eccellente. 'Feel Good Ghosts' è un disco meno cupo dei precedenti (segnati dalla morte a soli due anni del figlio del frontman Craig Minowa) dove si respira però un'aria da imminente fine del mondo, una sorta di rassegnazione cosmica con anche abbandante uso di post-produzione ad accentuarne la fragorosa ineluttabilità. I loro punti di riferimento musicali partono dai Modest Mouse e dagli Arcade Fire per sconfinare però fino alle orchestrazioni sinfoniche di reminescenze classicheggianti (barocco veneziano su tutti). Proprio il barocco e i barocchismi musicali (elettronici e acustici) ne sono il tratto distintivo, come ad esempio in questa 'When Water comes to Life' che si apre con una ouverture sinfonica (di stampo decisamente Antonio Vivaldi) e termina, dopo una riflessione toccante sull'amore dei nostri cari passati a miglior vita, in un incedere ritmico crescente di chitarra elettrica e batteria degno del miglior Vin Butler. Fasntasmagorici.
2 - Plafone - Elio e le Storie Tese ft. Antonella Ruggiero (da 'Studentessi'): Geniali, dissacranti, demenziali. Sicuramente e al di là dei gusti soggettivi gli Elii, tornati alla ribalta col Dopofestival, sono tutto questo ma non solo. Fondamentalmente loro sono dei musicisti di prima qualità ed il fatto che mettano a disposizione delle loro composizioni infarcite di citazioni più o meno dotte, gli abituali testi surreali potrebbe essere considerato un mero dettaglio. In questo senso 'Studentessi' sembra il naturale seguito del loro 'Cicciput', un album in cui, abbandonati quasi definitivamente i turpiloqui adolescenziali degli esordi, trovano spazio duetti canori dissacranti (Giorgia, Claudio Baglioni, Irene Grandi ma non solo) a declamare versi di assoluta surrealtà visionaria e composizioni pervase ad assoluta follia (ad esempio una mini operetta in 5 atti e tracce sui famigerati messaggi satanici al contrario dei vecchi dischi metal). 'Plafone', ad esempio, è la storia di una lite condominiale per problemi idraulici musicata in stile progressive anni '70, tanto che l'intro iniziale pare molto più di un mero omaggio alla PFM. La Ruggiero è sotto la doccia (otturata) a svolazzare su tonalità inaccessibili ed il baritono Elio al piano sottostante alle prese con un principio di allagamento. Realisticamente irreali.
3 - Back To Black - Lightspeed Champion (da 'Falling Off The Lavender Bridge' DeLuxe Edition): Dischettino molto promettente quello che sancisce l'esordio solista di Dev Hynes scoperto, per quanto mi riguarda, grazie a onanrecords e fard-rock. Un pop molto british come scrittura (con numerosi ed espliciti rimandi a Badly Drawn Boy e The Smiths su tutti), ma di fattura produttiva rigorosamente 'Saddle Creek' (Bright Eyes, M Ward) che ne fanno un interessante esperimento di folksinging decisamente cosmopolita, non tradendo mai però quel concetto tipico di melodia pop-rock made in uk. La traccia che ho inserito in questa playlist si trova nel bonus cd dell'edizione speciale ed è nientepopodimeno che la cover della title track del pluripremiato album di Amy Winehouse tanto per dimostrare che quando uno ha talento può cantare di tutto e che quando una canzone è interessante tale rimane anche spogliata ai minimi termini: in questo caso voce e chitarra acustica. Musicalmente poliglotta.
4 - Yesterday Tomorrows - Tindersticks (da 'The Hungry Saw'): Della serie: "A volte ritornano, anche quando sembrava che non dovessero mai più farlo". Eh si perchè i Tindersticks erano ormai sciolti da tempo e Stuart Staples ben avviato, con due albums e mezzo, ad una soddisfacente carriera solista. Eppure a cinque anni di distanza ecco tornare i menestrelli del chamber pop in tutto il loro abituale splendore, ovvero in tutta la loro abituale, malinconica ed avvolgente bruma orchestrale. Personalmente ritengo Staples una sorta di Bacharach del nuovo millennio per il modo in cui la sua scrittura riesce ad essere dolcemente evocativa e al tempo stesso lucidamente tagliente. In questa 'I domani di ieri' si racchiude in un certo senso tutta la musica dei tindersticks: la melodia delicata come la nebbia che avvolge Nottingham, la sottile inquietudine da atmosfera un pò noir, l'introspezione lirica e le orchestrazioni sontuose con tanto di flauto traverso sempre protagonista. In una parola: sciropposi.
5 - Undone - deVotchKa (da 'A Mad & Faithful Telling'): Altro ritorno, questa volta dopo 4 anni dall'acclamato 'How It Ends' per la band probabilmente più singolare dell'intero panorama musicale planetario. Loro vengono dal Colorado, ma non aspettatevi dalla loro musica nulla di certo e soprattutto di localizzato. Le influenze nel loro caso sono molteplici e variegate: dalle marcette slave alle chitarre gitane, dal sirtaki greco alla rumba messicana, dalle fanfare balcaniche al country del Tennessee. La loro abilità, che ne sancisce poi la forza musicale, sta proprio nella capacità di riassemblare il tutto in modo sorprendentemente coerente con un'impostazione musicale tipicamente indie rock. Questo però è il loro primo album per un'etichetta importante (la Anti Records) seppur non una major e se anche si sono lasciati necessariamente alle spalle qualche affascinante suggestione lo-fi il risultato risulta comunque eccellente poichè ne hanno guadagnato in un'ancor più articolata ricchezza musicale. 'Undone' è un pezzo complesso dalle iniziali atmosfere tex-mex (chitarra acustica e mandolino) che si evolvono pian piano per giungere a territori sonori klezmer, ma quando pensi di aver ascoltato tutto ecco che il mood muta nuovamente (fisarmonica dall'incedere tanghista) sempre assecondando però la linea melodica (e il cantato malinconico di Nick Urata) che spogliati da ogni divagazione sonora ne farebbero comunque un piccolo gioiellino folk-indie. Globalizzati.
6 - When Water comes To Life - Cloud Cult (da 'Feel Good Ghosts'): Concludo questa playlist con i Cloud Cult e quindi con un'ulteriore orgia sonora seppur di tipo decisdamente diverso rispetto al burlesque dei deVotchKa. I Cloud Cult sono una band di Minneapolis, giunti ormai al sesto album, noti probabilmente ai più per il loro impegno ecologista (anche questo loro nuovo lavoro, sempre per la Earthology Records, è fatto interamente di materiale riciclato sfruttando l’energia geotermica) che per la loro musica pure eccellente. 'Feel Good Ghosts' è un disco meno cupo dei precedenti (segnati dalla morte a soli due anni del figlio del frontman Craig Minowa) dove si respira però un'aria da imminente fine del mondo, una sorta di rassegnazione cosmica con anche abbandante uso di post-produzione ad accentuarne la fragorosa ineluttabilità. I loro punti di riferimento musicali partono dai Modest Mouse e dagli Arcade Fire per sconfinare però fino alle orchestrazioni sinfoniche di reminescenze classicheggianti (barocco veneziano su tutti). Proprio il barocco e i barocchismi musicali (elettronici e acustici) ne sono il tratto distintivo, come ad esempio in questa 'When Water comes to Life' che si apre con una ouverture sinfonica (di stampo decisamente Antonio Vivaldi) e termina, dopo una riflessione toccante sull'amore dei nostri cari passati a miglior vita, in un incedere ritmico crescente di chitarra elettrica e batteria degno del miglior Vin Butler. Fasntasmagorici.
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