Violetta (s.v.): 35 secondi di interludio neoclassico a richiamare almeno nel titolo La Traviata, un’introduzione che non esiterei a definire superflua, anche perchè..
Swanlights (9,5): Eccolo il pezzo che aspettavo da anni. Qualcosa che portasse la sua vocalità su una dimensione oscura, magmatica, malsana, molto Scott Walker nella sua ultima trilogia. Già fin da subito fa capolino l’inquietudine col primo verso mandato al contrario, anche se non esattamente un messaggio satanico (tranquilli, dice solo un innocuo: “he’s everything”) e poi il pianoforte che si distende su un tappeto di droni elettrici, basso e chitarra che non accompagnano la melodia, ma creano un’atmosfera misteriosa a tratti claustrofobica sulla quale la voce di Antony, su più tracce audio, si dispiega in un recitativo cantilenante. Socchiudendo gli occhi quasi riesci a vederlo l’effetto della luce riflessa nell’acqua increspata che evoca il tuo spirito e lo lascia danzare ammantato solo della sua ritrovata libertà. Un oscuro canto sciamanico che accompagna ombre danzanti nella notte. Pietra miliare.
The Spirit Was Gone (8): Probabilmente l’unico pezzo dell’album, davvero scritto in una canonica forma canzone, cioè con una melodia che si dipana in strofe ed incisi crescenti. Ricorda molto da vicino, almeno musicalmente, le cose di ‘I Am A Bird Now’ con quella sua circolarità minimal-cameristica raddolcita dall’intervento, che si fa via via sempre più corposo, della sezione archi dei Johnsons. Siamo dalle parti di ‘Man Is The Baby’ e ‘What Can I Do’ insomma, eppure il testo ci riporta ad una nuova riflessione sulla dicotomia corpo/spirito presente in tutto questo nuovo disco. Delicato, seppur tendente al drammatico, affresco per stemperare la visionarietà inquietante della title track che l’ha preceduto e riportarci su ambientazioni più confortevoli e consone da parte del Nostro.
Thank You For Your Love (7,5): Come già capitato in passato, probabilmente è destino che il primo singolo si riveli la canzone forse meno riuscita del disco, ma ad ogni modo anche questa volta io la penso così. Non che il pezzo sia brutto in se e addirittura risulta in un certo qual modo anche funzionale allo sviluppo dell’album dal momento che aggiunge quel pizzico di leggerezza necessaria dopo la drammaticità delle due canzoni precedenti. Antony racconta di averlo scritto nell’ormai lontano 1992 appena giunto a New York, dedicandolo ad una persona specifica che gli stette vicino in quegli anni turbolenti, accompagnando la sua crescita umana ed artistica. Da qui la scelta di inserire nel video ufficiale foto e spezzoni di vecchie pellicole su Super 8 che lo ritraggono proprio in quel periodo e forse occorre proprio guardarselo il video mentre si ascolta la canzone per poterla apprezzare appieno.
[CONTINUA]
Swanlights (9,5): Eccolo il pezzo che aspettavo da anni. Qualcosa che portasse la sua vocalità su una dimensione oscura, magmatica, malsana, molto Scott Walker nella sua ultima trilogia. Già fin da subito fa capolino l’inquietudine col primo verso mandato al contrario, anche se non esattamente un messaggio satanico (tranquilli, dice solo un innocuo: “he’s everything”) e poi il pianoforte che si distende su un tappeto di droni elettrici, basso e chitarra che non accompagnano la melodia, ma creano un’atmosfera misteriosa a tratti claustrofobica sulla quale la voce di Antony, su più tracce audio, si dispiega in un recitativo cantilenante. Socchiudendo gli occhi quasi riesci a vederlo l’effetto della luce riflessa nell’acqua increspata che evoca il tuo spirito e lo lascia danzare ammantato solo della sua ritrovata libertà. Un oscuro canto sciamanico che accompagna ombre danzanti nella notte. Pietra miliare.
The Spirit Was Gone (8): Probabilmente l’unico pezzo dell’album, davvero scritto in una canonica forma canzone, cioè con una melodia che si dipana in strofe ed incisi crescenti. Ricorda molto da vicino, almeno musicalmente, le cose di ‘I Am A Bird Now’ con quella sua circolarità minimal-cameristica raddolcita dall’intervento, che si fa via via sempre più corposo, della sezione archi dei Johnsons. Siamo dalle parti di ‘Man Is The Baby’ e ‘What Can I Do’ insomma, eppure il testo ci riporta ad una nuova riflessione sulla dicotomia corpo/spirito presente in tutto questo nuovo disco. Delicato, seppur tendente al drammatico, affresco per stemperare la visionarietà inquietante della title track che l’ha preceduto e riportarci su ambientazioni più confortevoli e consone da parte del Nostro.
Thank You For Your Love (7,5): Come già capitato in passato, probabilmente è destino che il primo singolo si riveli la canzone forse meno riuscita del disco, ma ad ogni modo anche questa volta io la penso così. Non che il pezzo sia brutto in se e addirittura risulta in un certo qual modo anche funzionale allo sviluppo dell’album dal momento che aggiunge quel pizzico di leggerezza necessaria dopo la drammaticità delle due canzoni precedenti. Antony racconta di averlo scritto nell’ormai lontano 1992 appena giunto a New York, dedicandolo ad una persona specifica che gli stette vicino in quegli anni turbolenti, accompagnando la sua crescita umana ed artistica. Da qui la scelta di inserire nel video ufficiale foto e spezzoni di vecchie pellicole su Super 8 che lo ritraggono proprio in quel periodo e forse occorre proprio guardarselo il video mentre si ascolta la canzone per poterla apprezzare appieno.
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5 commenti:
Ti giuro che appena ho sentito "swanlights", il pezzo, ho pensato a scott walker.
:-)
mi pigli per il culo o lo dici seriamente? :)
dico seriamente!
anche a fennesz, per certe cose, ma l'umore generale del brano m'ha fatto pensare a Scottie :)
dico seriamente!
anche a fennesz, per certe cose, ma l'umore generale del brano m'ha fatto pensare a Scottie :)
Ma ma ma... Swanlights non vi ricorda tantissimo le atmosfere di Amnesiac? Senza niente togliere.
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