lunedì 22 dicembre 2008

I Miei Dischi dell'Anno: #1 .. and the winner is ..

Beh, chi avesse dato una periodica scorsa a questo (poco aggiornato) blog non avrebbe avuto dubbio alcuno su quale disco mi abbia letteralmente folgorato quest'anno. Comunque prima dell'annuncio ufficiale elencherei altri 10 albums ascoltati con pari intensità/frequenza di quelli finiti in top 10, ma che per una ragione o per l'altra ne sono rimasti fuori:

Afterhours - I Milanesi Ammazzano il Sabato
Baby Dee - Safe Inside The Day
Baustelle - Amen
Gurrumul Yunupingu - Gurrumul
Moltheni - I Segreti Del Corallo
Portishead - Third
The Last Shadow Puppets - The Age Of Understatement
TV On The Radio - Dear Science
Vampire Weekend - Vampire Weekend
Xiu Xiu - Women As Lovers

ma ora, ricapitolando:

#10 - Matt Elliott - Howling Songs
#9 - My Brightest Diamond - A Thousand Shark's Teeth
#8 - Katkhuda - A Long Way From Somewhere
#7 - Beatrice Antolini - A Due
#6 - Bonnie 'Prince' Billy - Lie Down In The Light
#5 - Fleet Foxes - Fleet Foxes
#4 - Bon Iver - For Emma Forever Ago
#3 - Sigùr Ròs -Með Suð Í Eyrum Við Spilum Endalaust
#2 - Scott Matthew - Scott Matthew

.. rullo di tamburi..


#1
SHEARWATER - Rook


Audio CD (June 3, 2008)
Original Release Date: 2008
Number of Discs: 1
Label: Matador Records
ASIN: B0017R5UH8
GENRE: Indie-pop; Alt-folk.


1. On the death of the waters
2. Rooks
3. Leviathan bound
4. Home life
5. Lost boys
6. Century eyes
7. I was a cloud
8. South col
9. The snow leopard
10. The hunter's star

(se ti piace anche.. beh se ti sono piaciuti i restanti 9 della mia top 10, direi) ;)


recensione da SENTIREASCOLTARE:



Una volta debuttata On The Death Of The Waters, sembra esser capitati davanti a una nuova versione di Exit music (for a film): voce sussurrata neniosa, piano di sottofondo, incedere culminante in acuti. Tutto termina con la conclusione del testo, con le parole “that wave rises slowly and brakes”, poi la rottura, l’esplosione che determina anche il distanziamento dai lavori precedenti del sodalizio Shearwater. Un intero minuto strumentale che raggiunge lirismo e ariosità, per riacquietarsi con un mesto assolo di pianoforte e mettere la parola fine al brano. Cosa c’è di nuovo, cosa rimane delle esperienze precedenti. Lo si ritrova sin dalla prima traccia, lo s’identifica già da questo punto. Rook è lavoro meno pacato dei suoi predecessori: vive sulle numerose “vampate” strumentali, sui vagheggiamenti accalorati che fungono da spartiacque tra distinti momenti delle composizioni. Quasi tutte le canzoni godono d’intermezzi svettanti costruiti su archi e ritmiche. La cura degli ambienti sonori rimane inalterata, situazioni fini, eleganti fanno da contraltare a saliscendi emotivi. La voce di Jonathan Meiburg è più poetica che mai (I Was A Cloud), appare, a volte, del tutto inaccostabile al suo (ex) alter ergo degli Okkervil River. Ed è quindi cosa fatta mettere sul piatto (con le debite distanze) i nomi dei Buckley. Ma Rook gode anche di momenti “altri”. Sotto una copertina “ornitologica” e tanto ispirata si nasconde in se un tema, tanto in voga negli ultimi tempi. Natura e uomo, partorito durante un viaggio alle Falkland, lontani da facezie moderne. Il disco vorrebbe parlare “dell’intersezione tra l’uomo e il mondo naturale: l’uomo, il cacciatore e la natura, la preda; l’estinzione delle specie animali e vegetali; come apparirà il mondo una volta che l’uomo si sarà estinto”. Inutile sottolineare come i testi ci riescano alla perfezione. Il passaggio alla Matador, poi, ha reso meno “sommersi” i suoni e gli arrangiamenti, spostando l’attenzione sul ritmo (Lost boys), piuttosto che sulla profondità. Il risultato è qualcosa di ben più immediato e assimilabile (Century eyes) rispetto al passato. Un disco“facile”, per quanto facili possano essere dei lavori degli Shearwater, che sa di Talk Talk, di American Music Club sino a spingersi verso sentori lontani di Joni Mitchell. Il loro migliore album, uno dei migliori di quest’anno.

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