martedì 16 dicembre 2008

I Miei Dischi dell'Anno: #5 Fleet Foxes - Fleet Foxes + BONUS

Alla posizione no.5 c'è il gioiellino pop dell'anno. Davvero una sorsata d'acqua fresca dopo una giornata passata nel deserto: da scolarsi sempre e comunque in ogni occasione..

#5
FLEET FOXES - Fleet Foxes


Audio CD (June 3, 2008)
Original Release Date: 2008
Number of Discs: 1
Label: Sub Pop.
ASIN: B0017R5UAA
GENRE: Indie-pop; Songwriter.


1. Sun it rises
2. White winter hymnal
3. Ragged wood
4. Tiger mountain peasant song
5. Quiet houses
6. He doesn't know why
7. Hard them stirring
8. Your protector
9. Meadowlarks
10. Blue ridge mountains
11. Oliver James

(se ti piace anche Paul simon, Brian Wilson, Rufus Wainwright)

recensione da SENTIREASCOLTARE:



Coccolatissima già da un paio d’anni da addetti ai lavori e pubblico indie più attento (quello del web, ovviamente), immancabile presenza-rivelazione delle pagine di Pitchfork e di tutti i festival U.S., questa band di Seattle approda infine all’esordio su lunga distanza sotto l’egida della Sub Pop, dopo i più che promettenti segnali lanciati qualche mese fa dall’EP Sun Giant. A prima occhiata, è fin troppo facile inquadrare i Fleet Foxes: cinque ventenni barbuti, infettati dallo stesso morbo hippy-folk che ha fatto strage di buona metà dell’underground a stelle e strisce, da Devendra in giù – o, più appropriatamente, Akron / Family (con cui condividono assetto e, per alcuni versi, attitudine – ascoltare l’iniziale Sun Rises, ad esempio). Non esattamente una novità, insomma. Il bello viene però osservando da vicino, quando ci si accorge che, più che con i sunnominati, Robin Pecknold & amici presentano cromosomi in comune con The Band, CSNY e Beach Boys, di cui riprendono rispettivamente l’alchimia ancestrale, le armonie celestiali e gli scenari immaginifici.
Per di più, a velleità sperimentali ed eclettismi assortiti, prediligono la confezione di canzoni folk-pop cesellate ad arte, attraversate da melodie talmente classiche che, semplicemente, sembra siano state sempre lì. Si provi il crescendo emozionale a cappella di White Winter Hymnal, la spirale ascensionale di He Doesn’t Know Why; o ancora le suggestioni pastorali di Your Protector, le architetture strumentali alla Pet Sounds (o, meglio ancora, Smile) di Quiet Houses o quelle in stile primi Floyd di Blue Ridge Mountains; o infine l’intimismo lirico alla My Morning Jacket di Meadowlark e il new traditional - come altro definirlo? - di Oliver James. Ma c’è altro. Oltre influenze, assonanze e similitudini, c’è qualcosa di magico e di antico, di onirico e subliminale che percorre queste undici tracce; qualcosa che trascende anacronismi e nostalgie, e ha la capacità di connettere con stati d’animo reconditi. Quando un disco colpisce dritto nel segno in questo modo, vuol dire semplicemente che si è al cospetto di una nuova, grande band.



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2 commenti:

onan ha detto...

E uno in comune.
Sarà anche l'unico? :)

birdantony ha detto...

non credo proprio! ;)