giovedì 11 dicembre 2008

I Miei Dischi dell'Anno: #8 Katkhuda - A Long Way From Somewhere

Posizione numero otto: E' la volta di un piccolo gioiellino di disco, scoperto grazie al grande addison (peccato solo sia nerazzurro!), che mi ha fatto compagnia direi per tutta l'estate, ma che si lascia ben ascoltare anche in clima uggioso/refrigerante.

#8 KATKHUDA - A Long Way From Somewhere

  • Original Release Date: 16 Jun 2008
  • Label: Katkhuda
  • ASIN: B00180OTAS
  • GENRE: Alt-folk; Etnic-pop.

  • 1. Beneath the arcade
    2. Strange little things
    3. Between the croocked sea
    4. The ballad of two minds
    5. Welcome mariner
    6. You fell into the stars
    7. Mr Wilson's opus no. 45
    8. Confession rains
    9. Spring hill
    10. Ghosts

    (se ti piace anche Damien Rice, Lambchop, Ray LaMontagne)

    recensione da ONDAROCK:
    Il suono di un orologio-carillon introduce nella magica atmosfera di “Beneath The Arcade”, brano d’apertura dell’esordio dei Katkhuda, il progetto di Damian Katkhuda e Damian  Montagu. Ed è una piacevole sorpresa riassaporare il folk armonico e delicato già proposto con classe in “The Magic Land Of Radio”, primo album degli Obi, fondati dal chitarrista nel 2001. Languido e pieno di magia, “Beneath The Arcade” crea un incantesimo che trascina l’ascoltatore istantaneamente nel cuore di questo grazioso progetto sonoro, la tromba di Paul Jaya Sinea aggiunge un tocco esotico alle pregevoli armonie che chitarra, viola epedal steel plasmano con classe e grazia. Il folk inglese di Allan Taylor, Ralph McTell, Al Stewart rivive nelle pieghe di un album ricco di episodi pregnanti e originali; la scrittura predilige la contaminazione tra pop, rock e folk realizzando una serie di pregevoli e deliziose ballad da moderno troubadour: basti ascoltare episodi come “Spring Hill”, una incisiva e calda ballata che sembra uscire dalle migliori pagine dei Go-Betweens, o “You Fell Into The Stars”, che tra pedal steel e armoniche appena accennate offre spazi infiniti a piccoli inserti strumentali di estrema raffinatezza, tocchi quasi da piccola sinfonia che caratterizzano anche la successiva “Mr Wilson’s Opus No. 45”, dove è più rilevante la scrittura di Damian Montagu, già compositore di musiche da film. Il disco si snoda gradevole, senza cadute di tono, con viola, cello, tromba, pedal steel e chitarra a impreziosire composizioni dai toni sognanti e poetici, come ”Beneath The Crooked Sea” e "Ghosts",  e a volte coinvolgenti e accattivanti come "Strange Little Things" e la già citata "Spring Hill". “The Ballad Of Two Minds”, ricca di effluvi mariachi, tra hand-clap, bizzarri arrangiamenti di fiati e violini, sfoggia un testo amaro e cinico (“Sorry don’t mean shit”...), offrendo ulteriori spunti d’interesse...

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